I martiri di Damasco: essere santi in Medio Oriente, oggi.

2024-10-21 21:29:26
Che cos’è la santità? Essere “Creativi nell’amore e perseveranti nelle prove”, ha detto papa Francesco nella sua omelia di domenica 20 ottobre. Sulla facciata di san Pietro risaltano le immagini dei santi appena canonizzati, un sacerdote e una suora italiani con un’altra religiosa canadese, e infine otto frati francescani insieme a tre laici maroniti. Sono i martiri di Damasco, una nuova pagina di santità nella storia della Custodia di Terra Santa. Tra i concelebranti, il Patriarca di Gerusalemme e il patriarca della chiesa maronita. In un momento di violenta persecuzione anticristiana nella città dell’attuale Siria, che allora però, come tutto il Medio Oriente, ero Impero Ottomana, i sette frati spagnoli più uno austriaco hanno dato la vita per Cristo, insieme ai tre fratelli Masabki, maroniti libanesi, di cui due di loro sposati e con figli. Fra Emanuele Ruiz e compagni martiri, sono stati beatificati da Pio XI nel 1926, a quasi cento anni di distanza, mentre il Medio Oriente è dilaniato più che mai dalla violenza, la Chiesa si lascia interrogare dalla parola del Signore: “puoi bere dal mio stesso calice?”. Cristo provoca il desiderio dell’uomo e rilancia le aspirazioni mondane verso un orizzonte diverso, che è quello dell’amore. La logica del dominio è rovesciata, e il vangelo, che risplende nella vita dei santi, mostra una via che scandalizza l’uomo di oggi: “vince non chi domina ma chi serve per amore”. Fr. BAHJAT KARAKASH, ofm Parroco di Aleppo in quel martirio non ci sono stati solo i frati e i tre laici; ci sono stati migliaia di cristiani, e ancora oggi la nostra comunità cristiana vive la sua testimonianza con molta difficoltà a causa della guerra e delle sue conseguenze. La cosa più importante è che, pur essendo diminuita numericamente, questa comunità continua a essere molto presente sul territorio, con un impatto molto forte a livello sociale, morale e spirituale. Oggi i cristiani sono in avanguardia nel ricostruire la società siriana attraverso opere di emergenza umanitaria, supporto psicologico, morale e spirituale. È una comunità che vive come ponte di dialogo e di pace tra le diverse comunità siriane, che non sempre convivono pacificamente. I cristiani hanno ancora un ruolo e una testimonianza molto forte da offrire al mondo. S. B. CARD. PIERBATTISTA PIZZABALLA Patriarca di Gerusalemme dei Latini Dobbiamo, come si dice in inglese, pensare out of the box, ossia non restare intrappolati nei nostri gruppi, nelle nostre tribù o nel nostro modo di pensare, ma avere il coraggio di uscire da questi limiti e cominciare a mettere l'altro al centro, non la propria opinione. Il giorno dopo, lunedì 21 ottobre, i frati minori si incontrano all’Antonianum per celebrare una solenne Eucarestia di ringraziamento. La presiede il Patriarca di Gerusalemme, S. B. Card. Pierbattista Pizzaballa e concelebrano il padre Custode, Fra Francesco Patton, e alcuni vescovi e presbiteri da tante parti del mondo. Noi assistiamo all'illusione di credere che si possano costruire prospettive di pace con l'uso delle armi – Ha affermato il Patriarca nella sua omelia – Abbiamo visto cosa tutto ciò ha prodotto macerie ovunque. Dovremmo davvero fare penitenza e chiedere perdono a Dio per tutto questo, e riconoscere che anche le religioni, nelle loro forme istituzionali, non hanno mostrato grande libertà e capacità di profezia. Ma nonostante le tante difficoltà, la forza della Croce rimane luminosa e ci dà conforto. “Noi vi perdoniamo”, dice il patriarca ricordando la scritta di alcuni giovani cristiani palestinesi, su un muro distrutto dai bombardamenti, “ma noi vi perdoniamo”, è questo il modo cristiano di stare in Medio Oriente. S. B. CARD. PIERBATTISTA PIZZABALLA Patriarca di Gerusalemme dei Latini Per purificare la memoria, bisogna innanzitutto liberare il cuore dal deposito di odio e di tanta violenza che si sono accumulati dentro. Questo si può fare solo se c'è uno sguardo che va oltre noi stessi, rivolto innanzitutto a Dio. Dio può, poco alla volta, attraverso le persone e le relazioni, purificare il nostro cuore. Bisogna però distinguere l'aspetto personale da quello collettivo e comunitario. L'aspetto personale ha un suo percorso che deve essere più veloce; quello comunitario, invece, è più lento e, oltre al perdono e alla purificazione della memoria, ha bisogno di accogliere la dignità e la giustizia. Fr. FRANCESCO PATTON, ofm Custode di Terra Santa Ovviamente, costruire la pace non è una cosa semplice, e qui bisogna rifarsi a San Francesco. San Francesco, mandando i frati in Terra Santa, diceva: "Ricordatevi che la pace che annunziate con le labbra dovete prima averla nel cuore"…Anche i cristiani, a volte, potrebbero essere tentati di reagire con mezzi violenti, che però non sono accettabili per la coscienza cristiana. Quindi, c'è una dimensione educativa pastorale, e io ritengo che uno degli strumenti privilegiati per costruire una cultura della pace siano le scuole. Abbiamo tante scuole e cerchiamo che esse si ispirino all'incontro tra San Francesco e il Sultano, che rappresenta una parabola e un paradigma del lavorare per la pace. Accanto alle scuole, ci sono anche le circostanze concrete che favoriscono la pace. Penso, ad esempio, a quando qualcuno si trova in difficoltà: durante il terribile terremoto che c'è stato in Siria pochi anni fa, ad Aleppo, le porte del Terra Santa College, così come quelle della parrocchia, sono state aperte a tutti, cristiani e musulmani.

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